Nel 2001 Villa D’este entra a far parte del patrimonio dell’UNESCO ed è considerato uno dei più grandi capolavori del giardino italiano.
I numeri sono da capogiro: 35.000 m2 complessivi di giardini, 250 zampilli, 60 polle d’acqua, 255 cascate, 100 vasche, 50 fontane, 20 esedre e terrazze, 300 paratoie, 30.000 piante a rotazione stagionale, 150 piante secolari ad alto fusto, 15.000 piante ed alberi ornamentali perenni, 9.000 m2 di viali, vialetti e rampe, 2 fontane musicali.
Prima di essere la splendida villa che oggi possiamo ammirare, la struttura era adibita a convento.
Cambiò utilizzo con l’arrivo del cardinale Ippolito D’Este che, con l’obiettivo di renderla la sua residenza privata, intorno al 1560 affidò i lavori di ristrutturazione a Pirro Ligorio.
La villa non è solo un capolavoro del Rinascimento Italiano, ma è anche una grande opera ingegneristica. Infatti, le molteplici fontane che adornano il giardino erano alimentate direttamente dalle acque dell’Aniene, senza l’utilizzo di congegni meccanici ma sfruttando semplicemente la pressione naturale dell’acqua e la forza di gravità, applicando la teoria dei vasi comunicanti al terreno in pendenza.
L’ingresso originale della villa si trova al limitare del giardino, su Via del Colle (accessibile dalla parte vecchia della città); da qui è possibile ammirare non solo i giardini, ma anche la villa che domina il versante, in tutta la sua maestosità.
L’attuale entrata invece corrisponde al vecchio ingresso secondario, quello da cui accedeva il cardinale. Qui si entra direttamente al Chiostro del vecchio convento benedettino.
Ha inizio la passeggiata all’interno della villa.
Un percorso fatto di affreschi che ritraggono la natura e la storia della città, busti e mezzi busti antichi, rinvenuti probabilmente durante i lavori del giardino, piante, acqua e fontane.
Una volta usciti all’aperto si è subito investiti dal fragore dell’acqua, che scorre, schizza e ricade incessantemente.
Scendendo verso la parte bassa del giardino, passato il primo terrazzamento, ci si trova davanti alla prima fontana: La Rometta.
Curiosità
La scelta di realizzare questa “insolita” fontana nasce da una negazione. Papa Pio V negò al cardinale la possibilità di realizzare il suo castello a Roma. Ippolito D’Este decise quindi di portare Roma a Tivoli.
La fontana aveva uno sfondo scultoreo che rappresentava i 7 colli di Roma. L’opera purtroppo andò persa nel 1850, a causa di uno smottamento del terreno, e oggi possiamo ammirare solo la parte destra dello sfondo originale.
A sovrastare la fontana, la statua di Roma Vittoriosa e l’immancabile lupa.
La statua di Roma Vittoriosa è in perfetta contrapposizione alla statua della Sibilla Tiburtina, che sormonta la fontana dell’Ovato. Le due statue si osservano a distanza, separate dal viale delle 100 Fontane.
Altra particolarità da ammirare lungo il percorso sono le due fontane musicali: la Fontana della Civetta e la Fontana dell’Organo.
Quest’ultima è la più particolare a livello visivo, molto decorata e ricca di statue. Il suo nome deriva dall’organo idraulico che la caratterizza. I suoni venivano emessi attraverso un complesso sistema idraulico che consentiva l’apertura e la chiusura delle canne dell’organo attraverso una ruota idraulica.
Il macchinario immerso nell’acqua è andato perso a causa del tempo e dell’erosione dell’acqua. Nel Seicento, venne realizzato un meccanismo simile ma fu collocato esternamente per evitarne l’usura. Questa soluzione è stata poi utilizzata in molti altri parchi Italiani, a Ferrara, a Firenze e a Roma. Possiamo trovare l’ultimo modello sopravvissuto al tempo nei giardini del Quirinale.
Di questo particolare meccanismo, la Fontana dell’Organo conserva la camera eolia e la tubazione che conduceva l’aria all’esterno.
Grandi artisti hanno passeggiato tra i viali della Villa e ammirato Roma dai giardini: tra questi, il grande musicista Franz Liszt , che nel 1879 compose “Giochi d’acqua a Villa d’Este“, uno dei suoi ultimi concerti.
Se l’orario lo permette, uscendo dal grande cancello di via del Colle si può proseguire la visita verso le vecchie cartiere e ammirare il Tempio d’Ercole.
Tempio d’Ercole
Costruito a cavallo tra il II-I secolo d.C, era un importante snodo commerciale, il passaggio obbligato per portare le merci da Roma in Abruzzo.
Il Santuario di Tivoli è uno dei più imponenti del territorio laziale che originariamente occupava un’area di 3.000 m2 e si divideva in 3 ambienti: il tempio, il teatro e la grande piazza.
Decisamente di grande effetto scenografico per chi, arrivando da Roma, si trovava innanzi a questa imponente struttura a strapiombo sul fiume Aniene.
Dall’antica Roma ad oggi, il Santuario è stato centro di diversi utilizzi tra i quali:
– fabbrica di armi e polvere da sparo per la camera Apostolica Vaticana (1616)
– fonderia per la fabbricazioni cannoni sotto volere del fratello di Napoleone Bonaparte (1802)
– proprietà della centrale idroelettrica (1886)
– cartiera (1960)
Visitando la struttura, si nota come ogni piccolo utilizzo abbia lasciato una traccia.
Il foro all’interno di un tunnel ci riporta a quando in epoca Romana i commercianti che passavano dovevano pagare dazio e lasciare offerte al tempio; le piccole rotaie che troviamo nelle vie del complesso ci riportano a quando la chiesa fabbricava armi, il viale principale che ci mostra il fantastico porticato di epoca romana da un lato e il più semplice porticato della vecchia cartiera.
Del tempio rimane poco, se non una struttura che ci indica dove fosse posizionato e ci suggerisce la sua mole.
Quindi: scarpe comode, macchina fotografica e orecchie aperte per un viaggio lungo mille anni tra età imperiale e rinascimento.