E’ tornata la primavera a Roma e stanno finalmente sbocciando i fiori, tra tutti quello più buono: il carciofo, nella sua varietà primaverile. Eh sì, contrariamente a quello che si pensa il carciofo non è un ortaggio e nemmeno un frutto, ma un fiore raccolto quando ancora in bocciolo.
Ribattezzato “il re dell’orto” è tra le specialità tipiche romane, che potete degustare in tutte le trattorie nella doppia variante “alla romana” e “alla giudia” o che potete acquistare già pulito, pronto per essere cucinato, negli assortiti mercati rionali romani (Scopri quali qui).
La qualità più adatta è quella laziale, definita “mammola”, dalla forma tonda e priva di spine, caratterizzata dal colore verde con sfumature violacee.
Carciofo alla romana vs carciofo alla giudia: il derby culinario più dibattuto della Capitale, subito dopo quello tra carbonara, cacio e pepe e amatriciana, è anche quello attorno a cui c’è più confusione da parte dei forestieri, che non sanno quale assaggiare.
Ci pensiamo noi a chiarirvi le idee e a guidarvi nella scelta del tipo di carciofo da provare o da cucinare, partendo dalla sua storia.
Da piatto della tradizione contadina a specialità cittadina: il carciofo alla romana
Si tratta di un’antica ricetta contadina utilizzata prevalentemente nelle località di Cerveteri, Campagnaro e Ladispoli, come unici territori in cui poteva essere coltivata questa varietà di carciofo. Dopo il primo conflitto mondiale, la Riforma Agraria estese la produzione anche nel viterbese e successivamente in tutto il territorio laziale.
Non a caso, questa varietà è protetta oggi dal marchio IGP, come attestazione di qualità e garanzia di provenienza del prodotto romanesco.
L’antica ricetta di origine contadina, prevede l’uso dei carciofi interi con il gambo lungo, che dopo essere stati conditi con un trito di erbe aromatiche, viene stufato in padella a testa in giù fino a completa cottura.
La particolarità di questa ricetta sta proprio nella sua morbidezza e nell’equilibrio di sapori, che si sprigionano al gusto, grazie al perfetto mix di aglio, prezzemolo e menta. Una vera bontà da cucinare e da gustare a testa in giù (parliamo del carciofo, ovviamente! XD).
Carciofo alla giudìa, la giusta ricompensa dopo un periodo di penitenza
Le origini di questa ricetta sono vaghe ma la leggenda narra che, nel 1500 circa, agli Ebrei fu vietato di vivere negli stessi luoghi in cui abitavano le persone che professavano la religione cattolica. Furono, così, costretti a trovare un luogo separato: il Ghetto, uno dei quartieri più caratteristici di Roma.
La cucina ebraica, saporita e molto raffinata, si caratterizza infatti per piatti cucinati con ingredienti dei luoghi che abitavano, in questo caso il carciofo romanesco.
La ricetta originale del carciofo alla giudia, tramandata sino ai giorni nostri, prevede che il carciofo venga fritto in olio d’oliva bollente, a testa in giù, per ben due volte, fino a quando le foglie non abbiano assunto una perfetta consistenza croccante e il carciofo si sia totalmente aperto, prendendo la forma di un grande fiore color oro scuro.
Si dice che, in origine, questa ricetta venisse consumata alla fine della celebrazione dello Yom Kippur, dopo un periodo di digiuno, come simbolo dell’espiazione dei propri peccati.
Il nome di “carciofo alla giudia” fu, invece, attribuito dai romani che si innamorarono di questa ricetta e la fecero loro.
Da un unico prodotto, due ricette fortemente identitarie
In qualsiasi modo voi amiate mangiarlo o cucinarlo, il carciofo è uno dei simboli indiscussi della cucina romana..e se, invece, non l’avete ancora assaggiato, provatelo!
Per noi, il derby carciofo alla romana vs carciofo alla giudia termina con il pareggio, quindi a voi la gustosa scelta!
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