Lo sappiamo bene: i romani, davanti ad una carbonara, non vedono solo un piatto di pasta ma un modo di essere.
Stesso discorso vale per pizza con la “mortazza”, supplì, cornetti e bombe alla crema notturne, carciofi alla giudia e pizza scrocchiarella: rossa, bassa e untissima.
Ma c’è di più! Scopriamo insieme tutte le curiosità sulla cucina “romanesca”!
Il quinto quarto: il re della tradizione gastronomica capitolina
Popolare e sincera: la cucina della tradizione romana è il biglietto da visita della sua gente. Una tradizione gastronomica povera ma nutriente, nata tra le campagne, il mare e il ghetto ebraico, fatta di scarti e fantasia.
Nonostante la sua colorata varietà, esistono degli ingredienti dai quali non può prescindere. Tra questi, spicca senza dubbio il quinto quarto. Oggi, valorizzato in chiave gourmand dagli “osti 3.0”, ha rappresentato per secoli l’unica fonte di sostentamento delle famiglie meno agiate. Il suo nome deriva dal fatto che i due quarti posteriori dei tagli vaccini e bovini (quelli più pregiati) venivano distribuiti tra l’aristocrazia. Ciò che rimaneva, veniva venduto al “popolino” per due soldi nei mattatoi.
Era così che coda, trippa, guancia e interiora trovavano il loro giusto riscatto: un tripudio di sapori che ha saputo regalare alla storia gastronomica del nostro Paese piatti squisiti come la famosa coda alla vaccinara, i rigatoni con la pajata, la coratella d’abbacchio con cipolla e carciofi e i famosi “nervetti” alle erbe verdi, serviti ancora oggi come antipasto nelle fraschette più tradizionali.
I primi della romanità: c’è pasta e pasta…
Tra i piatti della tradizione romana, è impossibile non nominare i suoi gustosi e saporitissimi primi.
Oltre agli iconici spaghetti alla carbonara, gricia, cacio e pepe, ajo ojo e peperoncino e penne all’arrabbiata, uno spazio nell’Olimpo gastronomico romanesco è occupato senz’altro da pasta e ceci, pasta e fagioli, riso e lenticchie, minestra in brodo d’arzilla e gnocchi alla romana: conditi con burro e salvia e preparati con il semolino, vengono cotti al forno – tondi e schiacciati – fino a diventare dorati e croccantissimi.
I secondi piatti di Roma: tra campagna e mare
Tra i piatti di carne trionfano il pollo con i peperoni, alla cacciatora o alla diavola, mentre il maiale viene celebrato nella famosa porchetta d’Ariccia, onnipresente durante le feste popolari laziali, insieme all’abbacchio alla scottadito (per cui serve un agnello giovanissimo).
Spostandoci verso il mare, incontriamo numerosi piatti a base di pesce: come la zuppa di Civitavecchia (da accompagnare con del succulento pane fritto dorato!), gli spaghetti con le vongole o con le telline (immancabili), la frittura di paranza (realizzata con i pesci più piccoli rimasti incastrati nelle reti dei pescatori) e il baccalà fritto dorato.
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